Un altro modo per “vedere” il Self-Assessment
Quando l’intelligenza emotiva viene associata al mondo del lavoro, vengono subito in mente i lavori di Daniel Goleman.
Inoltre parlare di intelligenza emotiva vuol dire trovare una chiave che permetta alla cultura di ogni persona di integrarsi con quella d’impresa, ovvero, spingere con etica l’efficacia delle procedure interne e la validazione dell’immagine aziendale.
Far si che ogni lavoratore “si senta a casa nel luogo di lavoro” diventa così uno degli obiettivi più ambiziosi perseguiti dalle aziende.
La sfida più interessante, in questo momento, è la conoscenza dei touchpoint emozionali sui quali agire per stimolare un cambio di regime.
L’intelligenza emotiva è infatti alla base dell’analisi delle soft skill ed è il punto di partenza da cui procedere per far maturare i nostri punti di crescita e raccogliere i frutti del nostro lavoro.
“Non esiste un test verbale che mi soddisfi al 100%”
Quanto i test verbali, punto cardine delle valutazioni psico-attitudinali (anche noi li usiamo), rispecchiano i contorni della nostra personalità? Quanto di quello che ci suggeriscono è davvero in linea con noi?
E, nel caso in cui non fosse in linea, quali sono i motivi e le possibili soluzioni da adottare?
In 5 anni abbiamo testato le soft skill di oltre 15.000 persone, consegnando nelle loro mani informazioni e suggerimenti per aiutarli a colmare i gap sulla conoscenza delle loro abilità psico-attitudinali.
È il nostro lavoro.
Così ci siamo resi conto che è solo nel momento in cui la teoria dei test viene applicata alla realtà viva che si delinea la soluzione al quesito “quanto sono davvero efficaci questi test?”.
La risposta è: meno del previsto.
Lo abbiamo dedotto dalla ricerca dei pattern di “fallibilità” in un test; un percorso che mette in discussione decenni di lavoro e che abbiamo preso in considerazione solo dopo intermittenti segnalazioni dei nostri user.
Dai link di valutazione condivisi con chi ha sperimentato i nostri percorsi sono emerse delle problematiche percettibili in vari test e, nella scelta del filo rosso da seguire per trovare i pattern di errore, abbiamo deciso di fare una distinzione fra commenti di “efficacia percepita” e commenti “di merito”.
Questo perché pensiamo – anche col rischio di passare per impopolari – sia arrogante prendere in considerazione giudizi sul valore assoluto di uno strumento sentenziati da utilizzatori inesperti.
Perciò, quali sono i problemi?
Detto questo, è doveroso aggiungere che è spesso l’occhio del cliente a confermare la qualità di un servizio o di un prodotto. Per questo motivo, mentre ricercavamo tali conferme, abbiamo deciso di esplorare le quattro problematiche comuni che evidenziano falle in questi strumenti verbali, scovate dai nostri utenti:
- Comprensione logica delle frasi
- Comprensione semantica delle frasi
- Consapevolezza delle emozioni
- Traducibilità della frase
Prima di addentrarci nella spiegazione di queste problematiche, vogliamo condividere il perché e la curiosità che ci ha spinti a procedere oltre.
Infatti, continuando le nostre ricerche, abbiamo notato che le questioni evidenziate dai nostri dati aggregati coincidono con le argomentazioni scientifiche portate avanti da alcuni dei maggiori esperti nel dibattito deontologico relativo all’utilizzo di questi strumenti.
Tra questi l’inciso più importante e quello di Franziska Leutner che, nella sua ricerca “From Likert scales to images ” (basata su un campione di oltre 1000 individui), evidenzia come la semantica delle frasi sia influenzata da processi di verbalizzazione che risentono, fra le altre cose, della scolarizzazione dei partecipanti.
Di conseguenza propone i test ad immagini come alternativa capace di ridurre il margine d’errore annullando, o comunque livellando a monte, i processi di verbalizzazione e in questo modo riducendo le forze che ne influenzano la comprensione.
Complesso, ma interessante.
Un nuovo test a immagini
Così, compresa questa teoria, abbiamo scelto di essere noi i primi a sperimentarla.
A tale scopo abbiamo già coinvolto una ricercatrice, che ci aiuterà a lavorare su tesi già riconosciute e su processi analisi di dati.
Questo per raggiungere un duplice scopo:
Primo – Dimostrare l’efficacia superiore di un test ad immagini nello scoprire e definire l’intelligenza emotiva di un singolo.
Secondo – Facilitare questa comprensione costruendo quindi un test (o un set di test) validato che possa essere il degno, se non il migliore, sostituto di quelli già presenti sul mercato.
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