Assessment Emotivi
“Siamo macchine emotive che pensano”, una citazione di Damasio che trova terreno fertile nei trend occupazionali odierni, sopratutto se parliamo di assessment delle soft skill.
Da 2 o 3 anni a questa parte infatti, nei dipartimenti HR delle varie corporation, risuona con sempre maggior frequenza l’eco di una voce: intelligenza emotiva!
Questa, unita alle soft skill, crea un binomio sempre più discusso.
È pur vero che, nonostante il trend di settore, le soft skill restano un argomento osservato sempre con un velo di scetticismo. Quello che ci siamo chiesti è: da cosa nasce questo scetticismo?
La risposta che abbiamo elaborato è dettata da più fattori concomitanti tra loro. Dopo un’attenta analisi, abbiamo deciso di condividerli, ragionando su una soluzione da applicare. Tale soluzione è rappresentata dal test di assessment delle soft skill ad immagini.
Veniamo al dunque.
Tre buoni motivi per provare un’altra soluzione
Un primo problema nell’assessment delle soft skill è l’allineamento culturale.
Quando non condividiamo un background culturale non possiamo riuscire ad allinearci davvero su un dibattito, ancora di più se l’argomento di questo dibattito è il giudizio su se stessi.
Chi lavora nei reparti HR è aggiornato sui trend psicologici sociali di interazione umana, mentre chi sta dall’altro lato della scrivania, durante il colloquio, ne è spesso all’oscuro.
Il secondo motivo che diminuisce la fiducia percepita verso i test di assessment è il retaggio culturale.
Chi viene sottoposto ad un test tende a dargli un valore paragonandolo al “conosci te stesso” delle riviste da spiaggia ed è normale, quindi, che lo veda con diffidenza.
Infine, il motivo più forte è la consapevolezza del sé e delle emozioni.
Sempre Damasio, in un suo interessante speech, illumina la platea su quale siano il momento e la funzione della consapevolezza del sé.
La consapevolezza del sé permette all’individuo di aprire la sua finestra sul mondo, di osservare in modo critico se stesso e ciò che lo circonda mettendo sulla bilancia la propria visione con quella comune al fine di soppesare le differenze.
Differenze che ci rendono unici nel modo di vedere noi stessi, chi ci sta di fianco, l’odio, l’impegno e l’amore.
Senza coscienza non avremmo accesso ai sentimenti e, citando sempre Damasio, alla vera felicità.
In questo scenario è percepibile in modo molto sensibile l’assenza di una bilancia che permetta di misurare il rapporto tra individuo e azienda o, se vogliamo, tra coscienza individuale e coscienza collettiva in un contesto lavorativo.
Le immagini come chiavi di volta nell’assessment
Sono stati fatti molti tentativi, ma nel comprendere le personalità associate al mondo del lavoro abbiamo spesso tralasciato l’importanza della rielaborazione. Con le nostre parole, infatti, rielaboriamo in modo più criptico di quanto si possa immaginare i percorsi sensoriali che determinano il nostro giudizio.
Percorsi costituiti da immagini, delle immagini che non restano statiche ma che vengono definite di significati personali, per quanto possibile anche unici, i quali diventano reali per mezzo della nostra coscienza.
Così, per indagare la coscienza del lavoratore, abbiamo scelto di adottare un processo di “reverse engineering”, assicurandoci di precludere dalle influenze di scelta, nel test di assessment per le soft skill, il processo metacognitivo dell’elaborazione di una frase.
Invece di verbalizzare un concetto che successivamente viene tradotto in immagine, scegliamo di proporre direttamente l’immagine stessa.
Un approccio più istintivo per chi esegue un test di assessment, mirato alla semplificazione cognitiva, con l’assunto finale volto a dimostrare che, per valutare un campo emotivo come quello delle soft skill, ridurre l’elaborazione logica ha un effetto correlato con l’aumento di efficacia di valutazione dello strumento usato.