Soft skill, HR Tech ed Eggup
Classe ‘83, Cristian De Mitri è il CEO e Co-Founder di Eggup. Oggi abbiamo il piacere di intervistarlo, partendo dalle esperienze formative e lavorative che lo hanno portato fin qui, passando alle soft skill che lo caratterizzano maggiormente, arrivando infine alla sua personale idea del futuro delle soft skill.
Ciao Cristian, bentrovato. Prima di Eggup, la tua carriera scolastica e professionale è stata scandita da molte esperienze eterogenee: dapprima lo studio alla Scuola Navale Militare “F. Morosini” di Venezia, poi la laurea in Ingegneria Biomedica e infine gli anni da Consulente nel settore IT. Cosa ti ha portato a volerti occupare proprio di soft skill?
Sono state proprio le diverse esperienze di vita svolte finora che mi hanno permesso di rivolgere la mia attenzione su relazioni e attitudini personali. L’esperienza del Morosini, a partire dai miei 16 anni, mi ha fatto capire che cosa potesse significare vivere 24 ore su 24 con persone diverse. Ho provato sulla mia pelle come queste persone diverse potessero agire come un unicum, grazie a elementi basilari, quali spirito di appartenenza, lealtà e fiducia. Ad oggi posso dire che è stata la mia palestra di soft skill più importante, quella su cui ho poi costruito tutto il resto.
Guardandomi indietro vedo anche tanta curiosità di scoprire e cimentarmi in cose nuove. La scelta di intraprendere una formazione molto verticale è stato un altro importante tassello, perché mi ha dato le basi per lavorare con il digitale.
Quello che ho notato, in tutte queste esperienze, è che anche i contesti maggiormente gerarchizzati possono diventare semplici da decifrare. È tutta una questione di attitudine, di come ci si pone e di quali valori si mettono in campo. Il mix di tutto ciò che le persone mi hanno lasciato nel corso degli anni mi ha portato a perseguire quella che oggi è la missione di Eggup: alfabetizzare persone e aziende all’utilizzo efficace delle proprie risorse personali.
Di tutte le esperienze citate in precedenza, quali pensi che abbiano influito maggiormente nella tua scelta futura di portare le tue idee in ambito HR Tech?
Per quanto riguarda la possibilità di lavorare dal punto di vista tecnologico, sicuramente hanno giocato un ruolo fondamentale l’università e la successiva esperienza lavorativa. In particolare, i sei anni come Consulente IT mi hanno dato la possibilità di inserirmi in un mondo altamente tecnologico. Qui ho potuto vedere tanti aspetti che mi sono poi stati utili per Eggup, a partire dalla progettazione di software e dalla costruzione di interfacce.
Senza alcun dubbio, l’esperienza che mi ha portato a considerare per la prima volta l’importanza dei diversi ruoli che le persone assumono all’interno di vari contesti è stata quella della scuola navale a Venezia. Qui ho anche conosciuto Pietro Testa, mio socio in Eggup, senza il quale questa avventura probabilmente non sarebbe mai nata. Insieme siamo riusciti a portare a portare sul campo in maniera progressiva Eggup. Entrambi alla prima esperienza imprenditoriale, come si può immaginare, abbiamo sbagliato davvero un po’ tutto quello che si poteva sbagliare (ride, ndr). La nostra forza sta nel non aver mai perso la voglia e il desiderio di provare a rimediare.
In fondo, da quel lontano ottobre 2013 (data della fondazione di Eggup, ndr), ne sono passati di anni! Oggi siamo ancora qui e non siamo soli: proprio quest’anno siamo entrati a far parte del Gruppo Zucchetti, con il quale abbiamo avviato numerosi progetti nel mondo dell’HR Tech.
Parliamo delle tue soft skill: quali sono le competenze trasversali su cui fai maggiore affidamento nella tua quotidianità?
Bella domanda: io ho un’idea tutta mia, ma bisogna vedere se effettivamente è così anche visto da fuori! Si può essere consapevoli di quelli che sono i propri punti di forza, però dipende sempre da cosa gli altri percepiscono dall’esterno.
In ogni caso, ho sempre desiderato, e spero che sia effettivamente così anche visto da fuori, rappresentarmi come una persona con grinta e tanta perseveranza. Uno degli aspetti su cui ho fatto maggiormente leva è stato proprio il fatto di provare a rimediare dopo ogni errore, a cercare di capire dove stava l’inghippo per risolverlo. Tutto questo accompagnato dalla voglia di non mollare davanti a delle situazioni stressanti e agli ostacoli.
Credo che questo aspetto della mia personalità abbia aiutato tanto sia me in primis, sia il gruppo di persone con cui lavoro. Infatti, a parte in alcuni momenti molto difficili come quello del 2020 a inizio pandemia, siamo stati in grado di rialzarci dopo ogni piccola sconfitta.
Probabilmente queste caratteristiche derivano in realtà anche da un’area di crescita davvero molto importante per me, su cui sto lavorando tanto, legata al fattore ansia. Forse adesso la riesco a gestire e a mascherare un po’ meglio, però ci sono stati molti momenti della mia vita in cui, non avendo troppe scelte o troppe vie d’uscita, alla fine mi forzavo a superare quello che era l’ostacolo che avevo davanti e, quindi, la mia ansia.
Come pensi si svilupperà in futuro il tema delle soft skill in ambito aziendale?
Ho potuto seguire l’evoluzione riguardo a questa tematica: quando siamo partiti nel 2013, se ne parlava sui paper oppure sulle riviste specializzate. Oggi di soft skill ne parlano un po’ tutti e tutti provano a dare dei nomi diversi: power skill, life skill e altri. Chiamiamole come vogliamo, ma quando si parla di attitudini, indipendentemente dalla loro label, stiamo parlando di qualcosa di personale.
Le aziende sono costituite da persone, che sono l’asset più importante. Per questo mi chiedo come mai non esistano degli indicatori, oltre alla Corporate Social Responsibility, relativi alla sostenibilità emotiva del contesto in cui si lavora. Probabilmente è perché, nonostante ci sia una maggiore maturità e un sempre crescente focus sulle soft skill, ancora non sono considerate a livello così sistemico.
Quando dico sistemico intendo dire che spesso qualsiasi strumento legato alle attitudini è utilizzato in due differenti fasi. Per quella iniziale, esistono tantissimi strumenti, come quelli di intervista, di riconoscimento delle espressioni, di identificazione del comportamento dal tono di voce. Per fare ciò, esistono degli algoritmi ben specifici e molto avanzati.
La seconda fase, quella dove operiamo noi con Eggup, si riferisce ad assessment strutturati da un punto di vista scientifico, che si rifanno a una tradizione che stiamo cercando di migliorare sempre più. Sicuramente abbiamo assistito a un utilizzo crescente di questi strumenti, ma non sono ancora perfettamente integrati in tutti i processi aziendali.
È certamente vero che questi strumenti possono essere utilizzati per la selezione del personale, ma il mio augurio è che il loro utilizzo non sia limitato solo a questo ambito. Bisogna fare in modo che possano penetrare all’interno del contesto aziendale, soprattutto a livello gerarchico, in maniera trasversale. L’obiettivo è quello di tagliare la piramide organizzativa in maniera tale da far accedere alla consapevolezza delle aree di forza e delle aree di crescita non solo i top manager, ma anche tutta la popolazione dipendente, perché è da lì che si fa la differenza.
I cambiamenti spesso partono dall’alto, ma per essere attuati necessitano di tutta la forza aziendale. Le aziende hanno a che fare con persone sempre più consapevoli che senza di loro non potrebbero andare avanti. È questa la vera sfida: considerare le persone come qualcosa di realmente rilevante, importante per i propri processi e per le proprie funzioni. Non c’è soltanto l’obiettivo del profitto, ma anche quello di riuscire a mettere nelle condizioni migliori i propri lavoratori.
Se prima, negli anni Novanta, le aziende erano viste come isole chiuse, oggi sono molto aperte: ogni singolo dipendente infatti può avere voce in capitolo, può essere parte integrante, soprattutto sui social, del contesto aziendale.
Per questo, permettere alle proprie persone di lavorare nelle migliori condizioni possibili, personalizzate sulla base di ogni esigenza, e offrire degli strumenti di miglioramento continuo probabilmente sarà una delle più grandi sfide per il prossimo futuro. Ad oggi, le soft skills sono utilizzate in alcuni processi molto specifici, molto verticali, senza essere orchestrate in diversi processi più ampi, ma vedo dei passi in avanti che mi fanno ben sperare.
Ringraziamo Cristian De Mitri per averci raccontato di più su di sé, sui suoi punti di forza e di crescita e sul percorso che lo ha portato a fondare Eggup, nonché della sua personale idea dello sviluppo futuro nell’ambito delle competenze trasversali.
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